Parole che contano

  • 22 settembre 2020
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Era dal 1979 che la definizione del dolore era stata codificata ed accettata a livello globale come ‘una spiacevole esperienza sensoriale ed emotiva associata a un danno tissutale effettivo o potenziale, o descritta in termini di tale danno’.
Nel 2018 l’Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) ha creato una task force multinazionale per aggiornare questa definizione alla luce dei progressi della scienza nella comprensione del dolore
Ad agosto 2020 ecco la nuova definizione del dolore: ‘una spiacevole esperienza sensoriale ed emotiva associata a, o simile a quello associato a un danno tissutale effettivo o potenziale’.
Ci sono voluti ben due anni. E non è una modifica di poco conto, perché la parole hanno peso, valore e significato, e sceglierle non è facile.
Le note di accompagnamento alla definizione infatti sottolineano dei punti importanti:
il dolore è sempre un’esperienza personale influenzata da fattori biologici, psicologici e sociali;
il dolore e la nocicezione sono fenomeni diversi ed il dolore non può essere dedotto esclusivamente dall’attività nei neuroni sensoriali;
l’incapacità di comunicare non nega la possibilità che un essere umano o un animale non umano provi dolore;
sebbene il dolore di solito svolga un ruolo di adattamento, può avere effetti negativi sulla funzione e sul benessere sociale e psicologico;
attraverso le loro esperienze di vita, gli individui apprendono il concetto di dolore;
il resoconto di una persona di un’esperienza come dolore dovrebbe essere rispettato.
Sono aspetti teorici ma con ampi risvolti pratici, che spero portino ad una migliore comprensione del fenomeno dolore nei pazienti (ancora troppo spesso legati all’idea del dolore come conseguenza di un danno strutturale), ma anche ad un miglior approccio pratico (nel segno del rispetto) da parte degli operatori sanitari, anche perché “tanti credono che solo i fatti contino, non le parole; forse è per questo che molti parlano a sproposito”.

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