No brain, no pain: se il dolore è nel cervello

  • 26 giugno 2016
no brain no pain

Che cos’è il dolore?

Gli studi sul dolore sono andati molto avanti negli ultimi decenni, il meccanismo alla base del dolore non è ancora del tutto compreso, ma alcune vecchie credenze sono considerate superate.

L’Associazione Internazionale per lo Studio sul Dolore (IASP) definisce il dolore come “un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata a danno tissutale effettivo o potenziale, o descritta in termini di tale danno”.

Quindi: il dolore è l’esperienza spiacevole, e questa esperienza si ha se c’è o pare si stia creando un danno al nostro corpo (il tessuto). Il dolore è una cosa, il danno  è un’altra.

Non è solo una questione lessicale: nella pratica clinica è un po’ come guardare la luna dopo aver per anni guardato il dito che la indicava.

La caviglia si è slogata e sento male nella caviglia, l’ernia è uscita e sento male nella schiena, ma il dolore non è nè nella caviglia, nè nella schiena, bensì nel cervello!

Una vera e propria rivoluzione copernicana, come considerare il Sole al centro del sistema solare dopo che per una vita si è pensato ci fosse la Terra.

Perchè sento male?

Con estrema sintesi, il meccanismo per cui alla fine sentiamo dolore pare funzioni così.

Diffusi nel nostro corpo abbiamo dei recettori, i ‘nocicettori’, che sono dei veri e propri sensori di pericolo (ma no sensori di dolore!).

Se parti del nostro corpo vengono stimolate da cambiamenti di pressione  (un pizzicotto), temperatura (il contatto col fuoco) o equilibri chimici (l’acido lattico da sforzo fisico intenso), qualora  questi stimoli superino una certa soglia, i nocicettori mandano un segnale di allarme di danno che, attraverso i nervi e il midollo spinale, arriva al cervello (la soglia di attivazione dei nocicettori è variabile e dipende da diversi fattori che possono facilitare o inibire la trasmissione di messaggi di pericolo).

Ma attenzione: fino a questo punto non c’è il dolore.  I nocicettori non trasmettono al cervello il dolore, ma inviano solo delle informazioni, per quanto allarmistiche esse siano (e l’anestetico locale interviene in questa fase disattivando l’invio dei messaggi di pericolo, così che possiamo stare senza dolore nonostante un grosso danno, come l’essere tagliato in un’operazione).

E’ solo il cervello che elabora il segnale e decide se va interpretato come dannoso o no: se si, la risposta del cervello è il dolore.

Il modo in cui il cervello decide se deve esserci dolore è molto complesso, non del tutto compreso, differisce tra diverse persone e probabilmente anche a seconda delle circostanze.

Diverse aree del cervello collaborano per mettere insieme tutte le informazioni che arrivano dal corpo, le elaborano (considerandole alla luce anche delle esperienze passate, le emozioni del momento,  le norme culturali e sociali, le credenze, le aspettative, e altri dati sensoriali, quali quello che si vede, si sente o altro) e solo se alla fine si arriva a concludere che le cose sono veramente pericolose, si decide di produrre il dolore e quanto dolore produrre.

Come  posso affrontare il dolore?

La conoscenza dei  meccanismi del dolore è il primo passo per affrontare il dolore.

Sapere che da un lato abbiamo il dolore, dall’altro abbiamo il danno.

Che a un estremo  possiamo avere un dolore senza danno (l’amputato che sente dolore nella gamba che non c’è più), che all’altro estremo possiamo avere un danno senza dolore (l’atleta che fino al momento prima della gara aveva male, ma che nella gara non sente il dolore), e che in mezzo ci siamo noi, con più o meno dolore dovuto a danni  più o meno gravi.

Sapere che  se anche  abbiamo un’ernia o un menisco rotto, il dolore non dipende solo dalla rottura o dall’infiammazione, ma, soprattutto, che il dolore non è l’ernia o il menisco rotto.

Che il dolore è nel cervello.

Che le nostre reazioni psicologiche, i nostri pensieri e i nostri sentimenti provocano delle reazioni nel nostro organismo che possono aumentare o diminuire il dolore.

Sapere il perchè a volte con un antidolorifico passa tutto, ma a volte no.

E sapere che in questi ultimi casi non dobbiamo perdere la fiducia accettando passivamente di essere in balia di chissà quali eventi imprevedibili (l’andare a letto col terrore del chissà come staremo domani), ma che dobbiamo affrontare attivamente il dolore, perchè se meccanismi diversi e variabili possono influire sul dolore e sulla sua percezione, è anche vero che abbiamo la possibilità di intervenire su diversi fronti, intraprendendo anche strade diverse, ma tutte tese al nostro stare meglio.

Nota: la letteratura sul dolore è ampia. Ma due testi in particolare,  uno in inglese (Explain Pain, di D.Butler e L.Moseley)  e uno in versione italiana (Il libro specchio, di T.A.Torstensen), sono a disposizione in visione presso il mio Studio. Sono rivolti anche ad un lettore non professionale, sono molto chiari, e quindi un valido strumento di comprensione del dolore e dei suoi molteplici aspetti.

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